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Torta di farro della Garfagnana







Una torta salata che è una specialità della Garfagnana e della Lunigiana, quelle aree montagnose a cavallo fra Liguria, Toscana e Emila Romagna, tradizionalmente povere (da cui la cucina severa di queste parti), fittamente coperte da boschi di castagni (da cui moltissimi piatti a base del “pane dei poveri”), dove funghi e cinghiali ancora abbondano e scorrazzano e dove il farro è da sempre coltivato ma che è diventato vero fiore all’occhiello della produzione locale non da moltissimo (nel 2010 è nato un consorzio per la difesa e la diffusione di questo cereale: farro della Garfagnana).In questi ultimi decenni, mi sembra, la minestra di farro è stata sdoganata dall’essere piatto prettamente locale e fa ormai parte di quel linguaggio gastronomico nazionale che si parla e si cucina da Trento a Sassari: la si incontra sui menù dei ristoranti, sulle riviste di cucina e in rete; la torta di farro invece rimane una curiosità territoriale, ed è un peccato, perché è proprio buona e inusuale.
Un mezzogiorno di novembre di una giornata fredda, perlacea e pioggivinosa, entravamo, io, mia mamma, Paul e Lucia (il mio cane, che aveva già fiutato il posto a venti metri di distanza), intirizziti e con l’appetito che iniziava a brontolare, al Vecchio Mulino, una osteria di Castelnuovo di Garfagnana che avevo scovato in rete e che mi aveva incuriosito.
Read the rest of this entry »Merluzzo all’istriana da Eugenia, pastrugnato da Stefano
“Pastrugnare” è un lombardismo: pasticciare. Ancor meglio sarebbe “paciugare”, che mi sembra di derivazione ligure.
Vidi questo bel piatto di merluzzo all’istriana nella cucina di Eugenia, poi ne lessi anche in Anna Gosetti. Nell’iniziare a farlo però, avvertì immediatamente lo schiribizzo di modificarlo un po’, cuocendo le patate in latte e acqua e cospargendolo di parmigiano, in qualche modo cosi’ imparentandolo con certi piatti di baccalà veneti.
Sul pesce: ho utilizzato merluzzo, privato della pelle e salato con 24 ore di anticipo.
Ho soffritto aglio, capperi, acciughe sott’olio e peperoncino tritati in burro e olio. Poi ho aggiunto il pesce, l’ho rivoltato nel condimento e l’ho cotto brevemente, giusto un minuto a lato. L’ho rimosso e ho aggiunto delle patate che io avevo tritato grossolanamente. Le ho rimestate per insaporirle. Ho aggiunto latte e acqua, a coprirle a metà. Sale e pepe. Ho coperto e portato a cottura. Quando sono diventate morbide, ho regolato il tutto, aggiungendo succo di limone e una manciata generosa di parmigiano
Poi ho rimesso il pesce e l’ho portato a cottura.
Non avevo il prezzemolo, ma ovviamente ci sarebbe stato bene
Ottimo e per strafare ci si potrebbe accostare della polenta
Patate al forno alla pizzaiola
Suppongo che questo piatto si potrebbe anche intitolare “tortino di patate alla pizzaiola”, per già fare intuire di cosa si tratti. Una di quelle buone preparazioni prettamente domestiche e oscure che da sempre costituiscono la colonna vertebrale della nostra cucina.
Ci servono delle patate a polpa soda, ovvero non farinose. Vanno pelate e affettate non troppo sottili, piu o meno lo spessore di una moneta da un euro. Disponetele, accavallandole leggermente, in una pentola antiaderente, leggermente unta, che possa andare in forno. Spennellatele con dell’olio, salate e pepatele.
Ora vanno arrostite, in forno già ben caldo, fino a che siano cotte e dorate.
Spolveratele generosamente con del pecorino. Se volete, potreste ora aggiungere qualche cappero o qualche frammento di acciughe sott’olio.
Fate ora un ultimo strato di filetti di pomodoro (ho usato dei pelati in lattina): non devono coprire interamente le patate, ma giusto creare una copertina, un poco corta per la verità e a maglie large. Profumate con dell’origano, zigzagate con altro pecorino e olio.
Rimettete in forno e cuocete il tortino fino a che si sia creata una crosticina brunita.
Come al solito, un riposo a temperatura ambiente di dieci-quindici minuti, giova molto al risultato.
Per un piatto più sostanzioso, si potrebbero aggiungere fettine di scamorza o provola, sopra le patate già cotte. Non penso la mozzarella sia una buona idea, perché potrebbe “ammollare” troppo la base di patate.
Spaghetti al burro maitre d’hotel ovvero una copertina di Linus
In cucina, la pasta al burro, preferibilmente spaghettini e parmigiano, è una delle mie copertine di Linus. Nella sua versione base, pasta, burro e parmigiano o pecorino, è un piatto perfetto: ottimo, veloce, facilissimo, economico; è ironico che per uno che ama cucinare e mangiare e che non si tira indietro neppure di fronte a progetti impegnativi, sia alla fine un piatto così elementare ad apportare un benessere, materiale e psicologico, che è inversamente proporzionale alla tecnica e agli ingredienti richiesti, ovvero grandissimo. Read the rest of this entry »
Pici




Pici, pinzi, umbricelli, strangozzi, lunghetti, ciriole, serpentelli, nomi diversi per indicare la medesima pasta: sbisciolenti, ruvidi serpentelli di pasta fresca a base di acqua e farina, tipici di Toscana, Umbria e Lazio. I pici assomigliano a spaghettoni molto lunghi e ben pasciuti, che una volta cotti assumono quella consistenza piacevolmente callosetta di molta pasta “povera”, mancando appunto le uova. Read the rest of this entry »
Risu chi castagni o risu chi pastegghi ovvero riso e castagne, del Messinese

La cucina siciliana non è immediatamente associata al riso, eccezion fatta ovviamente per quelle meraviglie che sono le arancine. Mi sono imbattuto in questa ricetta in Coria e mi ha intrigato. Ottima cosa, se piacciono le castagne. Poco più che riso bollito e castagne (fresche o secche, cotte), ma il risultato, grazie anche forse al pecorino e al finocchietto, vale. Qui fa ancora freddo e ho cucinato questo piatto diverse volte queste settimane, anche perché ho una scorta di castagne già cotte e sotto vuoto da finire. Coria indubbiamente grande miniera, certamente non facile tomo (forse Correnti più cucinabile, da quel che ho capito, ma non l’ho posseggo ancora)
Per due piatti di questo riso, vi serviranno: 200 g di castagne già cotte: usando quelle sottovuoto, vale la pena sobbollirle una ventina di minuti in acqua salata per ri-ammorbidirle ulteriormente. Scolatele e schiacciatele: Coria dice di ridurle a purea, io preferisco schiacciarle con la forchetta per mantenere una certa consistenza.Nell’acqua di cottura del riso (acqua già salata) va cotto un mazzo di finocchietto, poi strizzato e tritato. Io a Londra non lo trovo ovviamente e mi sono arrangiato aggiungendo alla fine, a piatto prono, dell’aneto tritato.
Calate il riso (i soliti due pugni a persona); insaporite le castagne in un giro d’olio e aggiungete una presa di pecorino grattugiato. Scolatelo (tenendo da parte un poco di acqua di cottura), e conditelo con la purea di castagne e il finocchietto. Io ho anche aggiunto un sospetto di buccia di limone e ho passato altro pecorino in tavola. Mi è anche piaciuto usando sia aneto sia prezzemolo tritato. Una variante è di cuocere il riso tipo risotto-minestra: aggiungere acqua bollente alle castagne già insaporite e in muovervi il riso: questa variante mi è piaciuta meno, dato che il tutto diventa un po’ troppo “amidoso” e il rischio mappazzone non è inesistente
Una parmigiana diversa, con melanzane bollite
Da tempo volevo sperimentare a fare una parmigiana utilizzando melanzane bollite anziché fritte o grigliate/cotte al forno e sono rimasto molto soddisfatto del risultato. Risulta una parmigiana molto morbida, ma per nulla “bagnata”: le melanzane sono “cremose”, come quando le si frigge, ma anche molto delicate. Non dico che sia migliore o peggiore del modello originario, semplicemente è una validissima proposta. I tempi di cottura, del piatto finito, sono più lunghi. Ovviamente, è nettamente migliore se lasciata riposare per parecchie ore. Read the rest of this entry »
Cavolfiore al pomodoro, cucina napoletana (da Jeanne Carola Francesconi)
Ottima pietanza. Ho resistito a lungo (sarà buono? sembra un po’ banalotto..). Ovviamente avevo torto.
Il genio italico: da una manciata di ingredienti e una tecnica quasi inesistente, un ottimo risultato. La ricetta è tratta dalla prima edizione (1965) de La Cucina Napoletana di Jeanne Carola Francesconi. Read the rest of this entry »
Sfincione di Bagheria





Dalla mia vacanza in Sicilia, sto da settimane circumnavigando la cucina isolana, attraccando ogni tanto a qualche porticciolo gastronomico per esplorazioni e sperimentazioni. Cucina meravigliosa, senza dubbio. Cucina “strana” e spesso sontuosa nell’accostamento (stratificazione, a volte) di ingredienti e sapori (quell’agrodolce, così difficile da bilanciare, ad esempio) e, sopratutto per me qui a Londra, cucina dagli ingredienti di non facile reperibilità: la tuma (formaggio di pecora freschissimo e non salato, ovvero il punto di partenza del pecorino), lo strattu, le foglie di limone, lo strutto, i fiori di gelsomino, la ricotta di pecora, i tenerumi, la coccozzata ecc…..
Detto ciò non mi perdo d’animo: improvviso, sostituisco, azzardo – sempre cercando di rimanere fedele allo spirito della ricetta.
Lo sfincione è la pizza dei siciliani. E’ alta, morbida e soffice. Non ha cornicione (alla campana) e il condimento, generosissimo, è spinto fino quasi al bordo. Ne esistono molte versioni: di Palermo, di Bagheria, di San Vito (ottimo, con ragù di maiale). Un’altra geniale caratteristica dello sfincione è il suo sopra di pangrattato e caciocavallo grattugiato: in forno diventa una golosissima crosta formaggiosa. E’ una preparazione che vale la pena esplorare perché, molto più della pizza al piatto campana, si presta alla cucina domestica.
Mi sono ora soffermato sullo sfincione di Bagheria, razziando la rete e i miei libri, per tentarne una prima versione. Ottimo (ancorché pesante) Read the rest of this entry »
Zucchine, cacio e ova
Erano anni che non preparavo questo piatto: l’ho ritrovato nell’ottimo Memorie d’Angelina, un bel sito di cucina che tiene viva la nostra tradizione all’estero. La ricetta di Frank mi è servita da guida e poi ho improvvisato e voi, suppongo, farete lo stesso.
Zucchine cacio e ova
Per un paio di porzioni
Ho messo 3 zucchine, a tocchetti, sotto sale. Le ho poi sciacquate e asciugate. In un tegame largo ho messo 1 cipolla a fettine, ho salato, ho aggiunto un po’ d’acqua e ho cotto col coperchio.Ho poi alzato la fiamma e aggiunto una nocciola di lardo e ho fatto leggermente colorire la cipolla. Ho poi aggiunto le zucchine e fatte insaporire a fiamma gagliarda. Ho insaporito con un sospetto di zucchero e fatto cuocere le zucchine, abbassando la fiamma, scoperchiando e incoperchiando a necessità.
Quando le zucchine si sono cotte, ho aggiunto, lontano dal fuoco, 1 uovo sbattuto a parte con un sospetto di succo di limone. Ho versato sulle zucchine, seguito a ruota da una manciata di pecorino, ho mescolato bene e servito subito. Menta, prezzemolo, basilico o timo a piacere