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Quanto basta di cucina & altro

Archive for the ‘Varie & Eventuali’ Category

Sardinas en Escabeche

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Bentrovati. In Italia ha fatto un caldo torrido (ma ormai da quanti anni è così?), qui nel Regno Unito, l’estate è stata grigia e piovosa: o meglio, abbiamo avuto un luglio caldo ma un agosto, qui a Londra, sottotono e bagnato. La memoria ricorda ovviamente solo le ultime settimane, quindi la sensazione collettiva è quella di essere stati fregati e di non aver goduto di una “vera” estate.
Questa estate dimezzata, o bifronte, mi ha permesso di cucinare polenta e funghi e meringata ai frutti di bosco, risotto allo zafferano e panzanella. Il tutto un po’ schizzoide, ammetto.

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Written by stefano arturi

30/08/2021 at 22:33

Posted in pesce, Varie & Eventuali

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Pasta col cavolfiore

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Il calendario dice che è primavera. Abbiamo anche spostato le lancette un’ora avanti, le giornate sono innegabilmente più lunghe e luminose e, con un po’ di fortuna, il sole si è fatto più insistente e costante – senza esagerare, mi raccomando, siamo pur sempre nel Regno Unito.

Eppure, visitando un mercato londinese a fine marzo, ancora non si respira quel profumo di primavera da cui tanto fortemente si vorrebbe essere accarezzati. Non c’è trippa per gatti: è ancora presto per asparagi, piselli, barba di frate, fave e carciofi e in generale per i nuovi raccolti primaverili. Ancora è un tripudio di patate, cavoli, pastinache, carote, sedani rapa, biete e cavolfiori e ancora lo saranno per settimane. Allegria! Non a caso, questo periodo è chiamato the hungry gap, ovvero il periodo affamato: tutti, la terra e le persone, hanno fame di prodotti nuovi, ma non ci sono ancora e bisogna pazientare.

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Written by stefano arturi

30/03/2021 at 22:33

Posted in pasta, Varie & Eventuali, verdure

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Pain de Genes

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Pane di Genova, torta in realtà e pure francesissima. E’ a base di sfarinato di mandorle e un nonnulla di fecola di patate, uova e burro: ne risulta una torta bassina, densa, non appariscente e ottima.

La ricetta deriva dal libro French Provincial Cooking, di Anne Willan, la cui versione io ho appena adattato.

Bisognerebbe usare farina di mandorle: se avete il bimby (io no), usatelo, dopo averle tostate, per un sapore più intenso (nella ricetta originale non sono tostate). Io ho usato sia farina di mandorle comprata sia mandorle che ho tritato da me con un robot da cucina: la versione fatta con farina di mandorle comprata è risultata più fine, quanto a consistenza. Entrambe buone però.

Pain de Genes

per una tortiera di 20 cm, imburrata e rivestita di carta forno

Scaldare il forno a 180 gradi, statico.

100 g di farina di mandorle, da mandorle tostate, sbucciate oppure no
105 g zucchero (135 g nella versione originale)
un pizzico di sale
la buccia grattugiata di mezzo limone, non prevista nella versione originale
alcune gocce di estratto di mandorle, non prevista nella versione origianle
mezzo cucchiaino di estratto di vaniglia, non previsto nella versione originale
3 uova
75 g burro, fuso e raffreddato
30 g fecola di patate o di mais, addizionata con mezzo cucchiaino di lievito per dolci

Nella coppa del mixer, versare la farina di mandorle, lo zucchero, il sale, il limone e mescolarli. Aggiungere le uova, uno alla volta, mescolando bene dopo ogni aggiunta.
Versare la farina setacciata e inglobarla a mano, aggiungendo il burro prima che la farina sia stata interamente assorbita

Versare nella tortiera e cuocere per una mezz’ora. Io ho anche aggiunto delle mandorle a lamelle prima di infornare.

In alcune versioni ho visto aggiungere del kirsch. Io opterei per del rum.

Written by stefano arturi

26/03/2021 at 22:33

Posted in dolci, Varie & Eventuali

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Un misto spagnoleggiante di ceci, patate, peperoni e zafferano

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Annoto per non dimenticare. Totalmente inventato e inautentico.

Friggere delle cipolle a fettine in olio e aggiungere aglio, abbondante, con dell’alloro fresco. Una dadolata di chorizo ci starebbe bene.
Concentrato di pomodoro: farlo cuocere per alcuni secondi
Poi: patate non farinose,  a cubotti.  Rivoltarle  e insaporirle. Salare giudiziosamente.

Poi: ceci e loro liquido. Aggiungere acqua calda se necessario, le patate devono essere sommerse a metà. Zafferano.
Rimestare e mescolare.

Quando le patate sono quasi cotte, aggiungere peperoni già arrostiti
A fine cottura, regolare con un sospetto di aceto
Un riposino di una ventina di minuti, prima di mangiare

 

 

Written by stefano arturi

05/08/2020 at 22:33

Torta salata bastardina, con verdure varie e quello che si trovò in frigorifero

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Una torta salata frutto di commistioni, quindi bastardina.

La pasta è quella al vino e olio di Artemisia, pasta del sud Italia, buonissima e adottata da anni. Io ho apportato alcune modifiche: uso sempre  un dieci per cento ciascuno di farina integrale e di semola rimacinata e la  parte alcolica è vermouth bianco

Il ripieno è un misto di cucina del sud e del nord (Italia) e di cucina britannica:

ricotta + patate al vapore schiacciate (accenno alla cucina ligure qui) + spring greens  british (una specie di cavolo, con un vago retrogusto amarognolo, appena accennato – ottima verdura), bolliti, strizzati e tritati grossolanamente + parmigiano e pecorino + uova + olio. Se avessi avuto maggiorana, l’avrei senza dubbio usato.
Il tutto è stato mescolato giudiziosamente e poi accomodato nella crosta già stesa; osservare che trattasi di un disco di pasta ben largo: queste torte salate sono al meglio se larghe come una faccia di luna e dal ripieno modesto in altezza,  de gustibus, ovviamente.

Avevo anche della scamorza da usare e anch’essa è andata a imbastardire ulteriormente: verdura + scamorza+ verdure

Ho ripiegato la pasta, ho zigzagato con olio sia la parte col ripieno sia il bordo fru-fru che ho anche cosparso con  fiocchi di sale Maldon.
In forno caldo, direttamente sulla pietra per pizza per un’ ora abbondante, regolandosi per quanto riguarda la temperatura del forno e l’eventuale copertina di alluminio, da usare o no, a seconda.

Ottima

Written by stefano arturi

24/05/2020 at 22:33

Insalata tiepida di cavolfiore arrosto, con pinoli, capperi e uvette

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Nel passato facevo qualche cosa di simile col cavolfiore bollito (al vapore). Questa versione, col cavolfiore arrosto, proviene da Serius Eats e io l’ho soltanto appena rimaneggiata. Ottima da più soddisfazione. Ottima cosa. Della burrata ci starebbe bene assieme, ma sto cercando di limitare prodotti animali (qui in UK non si parla altro che di “veganesimo/riduzione alimenti animali/facciamo qualche cosa per la terra che stiamo distruggendo”)

E’ un bel piatto.

Per tre-quattro porzioni, armatevi di un grosso cavolfiore, tagliatelo a pezzi grossi e il più regolari possibili (ad ottavi). Conditeli con olio, sale e pepe.

Versatele le cimette su una teglia da forno, in un solo strato e spaziandole. Arrostitele a forno caldissimo (250 gradi, il massimo che il mio forno raggiunge), per circa una mezz’ora-quaranta minuti, rivoltandole dopo i primi 15-20 minuti. Devono risultare tenere.

Nel frattempo preparate un condimento con:

pinoli tostati + uvette + capperi, il tutto tritato grossolanamente: a sentimento: per me sono i capperi a dover dominare e io, seguendo la ricette, ne ho usato un paio di cucchiai (25 g pinoli e 20 g uvette)
+ un sospetto di buccia d’arancia o di limone grattugiata

Olio + aceto (di sherry) + marmellata di arance amara, tritata grossolanamente se a pezzettoni (miele, nella versione originale) + una puntina di senape (non prevista nella versione originale)

Condite le cimette con la vinaigrette, il trito e del prezzemolo tritato

Written by stefano arturi

26/01/2020 at 22:33

Pomodori col riso – cucina romana

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Specifico “romana” perché di fatto ho seguito, come faro guida, il libro di Ada Boni, La Cucina Romana (1929). Non li avevo mai preparati: spesso visti, ma mai cucinati. Ottimi, a temperatura ambiente. Classico piatto da fare la mattina per la sera, quando poi, durante la giornata, fa troppo caldo cucinare
Siamo nell’ambito delle verdure ripiene al forno: pomodori svuotati e farciti con riso crudo, la loro polpa e odori vari, nulla di eccezionale, eppure la somma è molto di più degli addendi. Ada Boni, unica, tra le fonti consultate, prevede anche un pizzico di cannella, ad insaporire i pomodori: tocco ingegnoso, perché i pomodori acquistano in sapore misterioso e quasi mediorientaleggiante.

Ada Boni suggerisce di cuocere i pomodori a forno medio e anche questo è un dettaglio fondamentale: se li si cuoce a temperatura più alta, rischiano di creparsi e scoppiare. Soprattutto però, è questione di sapore finale: una temperatura media, in combinazione ovviamente a più lunghi tempi di cottura, cuoce/asciuga efficacemente la polpa del pomodoro, rendendola molto più dolce e succulenta. Ben si comprenderà quindi come questa ricetta possa essere facilmente replicata anche da chi non abbia la fortuna di disporre di pomodori eccezionali. come il sottoscritto.

I pomodori sono spesso cotti assieme a delle patate, a spicchi.
Come si fa:

si prendono dei pomodori grossi e sodi e se ne taglia la parte superiore per creare una scodella con coperchio. Armandosi di pazienza e facendo attenzione, li si scava con un cucchiaino, tenendo da conto questi preziosi succhi e semi. Si condiscono internamente con sale, pepe e un pizzico di cannella: attenzione a non esagerare. Io per sicurezza, ho anche aggiunto un sospetto di zucchero. Per renderli più saporiti, ci ho sgocciolato dell’olio.

Triturate i pezzi più grossetti di questa polpa di pomodoro e aggiungeteci un cucchiaio e mezzo di riso crudo a pomodoro, prezzemolo e aglio tritati, olio, sale e pepe. Fate riposare una quarantina di minuti, in modo che il riso inizi ad assorbire questo condimento.

Collocate i pomodori in un testo ben unto, se volete aggiungete della patate a pasta soda, a spicchi e già condite con olio e sale (è comunque importante non ammonticchiarle, perché non arrostirebbero); riempite i pomodori con il ripieno e sgocciolateci altro olio. Coprite con i loro coperchi e infornate a 160-170 fino a che siano morbidissima, ancora in forma e raggrinziti: io ci ho messo due ore. A metà cottura potreste rivoltare delicatamente le patate.

Written by stefano arturi

14/07/2019 at 22:33

Gelatina al limone – cucina inglese

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Ottima cosa adattissima a quando fa veramente caldo. Il nome trae forse in inganno, perché di fatto il sapore di questa gelatina è piu complesso di quanto non si potrebbe sospettare: chiodo di garofano, cannella, gin e succo d’arancia entrano in gioco. Le fragole sono la mia (abbastanza mal eseguita, ammetto) concessione al decorativismo vittoriano. Io sto usando gelatina di origine animale perché preferisco i risultati, ma si può anche usare agar-agar (come feci io in passato: il colore è meno bello però)

Da mesi sto lavorando a una nuova edizione del mio libro sui dolci inglesi, di fatto sarà un libro nuovo e questa una delle ricette che ho rivisto. Lentissimo lavoro: quante cose cambiano in 12 anni, conoscenza, palato, opinioni ecc….

Gelatina al limone
4-6

475 ml acqua 
80 g zucchero 
Un pizzico di sale
la buccia a fettine sottilissime di 2 limoni, evitando accuratamente la parte bianca (io uso un pelapatate)
una piccola foglia di alloro fresco
1 chiodo di garofano
un piccolo pezzo di cannella (mezza stecca) 
125 ml succo filtrato di limone 
4 cucchiai di succo filtrato di arancia
uno o due cucchiai di gin (secondo me ci sta bene, ma ovviamente è facoltativo)
4 fogli di gelatina Paneangeli (anche detta colla di pesce)

Versate l’acqua, lo zucchero, il sale, la buccia di limone, l’alloro e le spezie in un pentolino e portate lentamente a bollore, mescolando ogni tanto per far sciogliere lo zucchero. Allontanate dal fuoco e lasciate in infusione fino a che siete soddisfatti del sapore raggiunto, assaggiando spesso e regolarmente, perché sia la buccia di limone sia l’alloro potrebbero imporre il loro sapore assertivo, mentre devono essere note di sottofondo. Un’oretta dovrebbe bastare.

Rimuovete gli odori e aggiungete il succo di limone, quello di arancia e il gin. Assaggiate nuovamente e regolatevi se vorreste la vostra gelatina un po’ più dolce oppure più aspra.

Filtrate attraverso una garza. Nel frattempo avrete messo in ammollo i fogli di gelatina per una decina di minuti in acqua fredda.

Riscaldate 100 ml della base e aggiungeteci la gelatina strizzata, mescolando come pazzi: la gelatina si dovrebbe dissolvere quasi istantaneamente.

Riunite i due liquidi, mescolate per bene, filtrate attraverso una garza e versate in una terrina inumidita o leggermente unta con un velo di olio neutro (di mandorle, in un mondo ideale); questo faciliterà sformare la gelatina, qualora voleste farlo: è indubbiamente scenografico, ma io spesso la servo direttamente dalla terrina.
Lasciate raffreddare e mettetela in frigo a rassodare. 

Al momento di servirla, se volete sformarla, avvolgete la terrina in uno strofinaccio bagnato con acqua caldissima e strizzato: il calore facilita la fuoriuscita della gelatina dallo stampo. Inumidite il piatto da portate e capovolgetevi la terrina, ricentrando la gelatina se necessari (se non inumidito il piatto, quest’azione vi sarà impossibile)

Note sulla gelatina
Per queste gelatine ho usato una quantità tale di gelatina in modo che siano appena addensate: potete sformarle, ma probabilmente “crolleranno” appena le tagliate. Io spesso le servo direttamente dalla terrina in cui le preparo. Se volete una gelatina più soda che rimanga bella in forma, dovrete aggiungere un ulteriore foglio di addensante. Ovviamente, al posto della casalinga e comune terrina, potreste usare un più ricercato stampo da budini, soprattutto se volete sformare la gelatina

il freddo appiattisce i sapori, quindi la gelatina, quando la si assaggia tiepida o a temperatura ambiente, deve essere sempre un po’ più dolce di quanto non la vorreste, dato che poi, servita freddissima ecc….

Written by stefano arturi

02/07/2019 at 22:33

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Pasta al forno agli asparagi

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L’estate inglese è capricciosa. Sole, piove, sole, piove: e così andare. Questo ti fa stare allerta, gastronomicamente parlando: un giorno pomodori e mozzarella, il giorno dopo una bella pasta al forno, caldissima e bruciacchiata di forno.

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Written by stefano arturi

16/06/2019 at 22:33

Torta di mele, miele e noci (di Alda Muratore da Artemisia)

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Ottima torta autunnale. Ho leggermente modificato la ricetta di Alda Muratore, da Artemisia. Essenziale usare un miele molto aromatico tipo castagno, altrimenti il tutto diventa troppo dolce.
torta di mele, miele e noci
500 g (al netto) di mele sbucciate e affettate finemente 100 g di noci tostate 100 g di uvette due cucchiai di rum la buccia grattugiata di mezza arancia un pizzico di sale Mescolare il tutto, frantumando mele e noci con le mani e tenere da parte Scaldare 125 g di miele aromatico e 60 g di burro. Sbattere due uova con 100 g di zucchero, un pizzico di sale, un cucchiaino di cannella (macinata di fresco, mi raccomando), fino a che siano  ben chiare. Aggiungere 200 g di farina + 2 cucchiaini di lievito (setacciati) e 100 g di fiocchi d’avena tostati (in padella, per qualche minuti, raffreddati). Mescolare bene. Aggiungere il miele. Il composto è alquanto spesso. Imburrare una tortiera da 24 cm (Artemisia dice 25 ma io ho avuto difficoltà dato che l’impasto non è molto ma è denso: non lo si stende facilmente; per lo stesso motivo sconsiglio di foderare la tortiera con carta forno) Versare e spalmare con un cucchiaio bagnato metà del composto. Ricoprirlo di mele e coprire poi il tutto con il composto rimasto: il modo già semplice è di scucchiaiarlo e cercare poi di stenderlo alquanto con una spatola bagnata: ma non importa poi molto in ogni caso: cuocendo l’impasto sale e copre la torta. Infornare a 170 gradi e controllare dopo la prima mezz’ora e poi ogni 15 minuti. Ottima tiepida, cosparsa di zucchero a velo.

Written by stefano arturi

06/11/2018 at 22:33

Posted in dolci, frutta, Varie & Eventuali

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