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Risu chi castagni o risu chi pastegghi ovvero riso e castagne, del Messinese

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riso e castange

La cucina siciliana non è immediatamente associata al riso, eccezion fatta ovviamente per quelle meraviglie che sono le arancine. Mi sono imbattuto in questa ricetta in Coria e mi ha intrigato. Ottima cosa, se piacciono le castagne. Poco più che riso bollito e castagne (fresche o secche, cotte), ma il risultato, grazie anche forse al pecorino e al finocchietto, vale. Qui fa ancora freddo e ho cucinato questo piatto diverse volte queste settimane, anche perché ho una scorta di castagne già cotte e sotto vuoto da finire. Coria indubbiamente grande miniera, certamente non facile tomo (forse Correnti più cucinabile, da quel che ho capito, ma non l’ho posseggo ancora)

Per due piatti di questo riso, vi serviranno: 200 g di castagne già cotte: usando quelle sottovuoto, vale la pena sobbollirle una ventina di minuti in acqua salata per ri-ammorbidirle ulteriormente. Scolatele e schiacciatele: Coria dice di ridurle a purea, io preferisco schiacciarle con la forchetta per mantenere una certa consistenza.Nell’acqua di cottura del riso (acqua già salata) va cotto un mazzo di finocchietto, poi strizzato e tritato. Io a Londra non lo trovo ovviamente e mi sono arrangiato aggiungendo alla fine, a piatto prono, dell’aneto tritato.

Calate il riso (i soliti due pugni a persona); insaporite le castagne in un giro d’olio e aggiungete una presa di pecorino grattugiato. Scolatelo (tenendo da parte un poco di acqua di cottura), e conditelo con la purea di castagne e il finocchietto. Io ho anche aggiunto un sospetto di buccia di limone e ho passato altro pecorino in tavola. Mi è anche piaciuto usando sia aneto sia prezzemolo tritato. Una variante è di cuocere il riso tipo risotto-minestra: aggiungere acqua bollente alle castagne già insaporite e in muovervi il riso: questa variante mi è piaciuta meno, dato che il tutto diventa un po’ troppo “amidoso” e il rischio mappazzone non è inesistente

Written by stefano arturi

11/02/2019 at 22:33

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Sfincione di Bagheria

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Dalla mia vacanza in Sicilia, sto da settimane circumnavigando la cucina isolana, attraccando ogni tanto a qualche porticciolo gastronomico per esplorazioni e sperimentazioni. Cucina meravigliosa, senza dubbio. Cucina “strana” e spesso sontuosa nell’accostamento (stratificazione, a volte) di ingredienti e sapori (quell’agrodolce, così difficile da bilanciare, ad esempio) e, sopratutto per me qui a Londra, cucina dagli ingredienti di non facile reperibilità: la tuma (formaggio di pecora freschissimo e non salato, ovvero il punto di partenza del pecorino), lo strattu, le foglie di limone, lo strutto, i fiori di gelsomino, la ricotta di pecora, i tenerumi, la coccozzata ecc…..

Detto ciò non mi perdo d’animo: improvviso, sostituisco, azzardo – sempre cercando di rimanere fedele allo spirito della ricetta.

Lo sfincione è la pizza dei siciliani. E’ alta, morbida e soffice. Non ha cornicione (alla campana) e il condimento, generosissimo, è spinto fino quasi al bordo. Ne esistono molte versioni: di Palermo, di Bagheria, di San Vito (ottimo, con ragù di maiale). Un’altra geniale caratteristica dello sfincione è il suo sopra di pangrattato e caciocavallo grattugiato: in forno diventa una golosissima crosta formaggiosa. E’ una preparazione che vale la pena esplorare perché, molto più della pizza al piatto campana, si presta alla cucina domestica.

Mi sono ora soffermato sullo sfincione di Bagheria, razziando la rete e i miei libri, per tentarne una prima versione. Ottimo (ancorché pesante) Read the rest of this entry »

Written by stefano arturi

31/07/2017 at 22:33