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Quanto basta di cucina & altro

Melanzane “a scarpone”, ovvero ripiene (uno dei tanti modi)

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Lucca, aprile 2024.
Melanzane, pane vecchio, ricotta salata, capperi, olive, origano: ingredienti ordinari, per un piatto straordinariamente saporito. La cucina regionale italiana ha molte varianti di “melanzane ripiene”, questa ha radici campane, avendo come punti di riferimento le “melanzane a scarpone” di Jeanna Carola Francesconi, autrice de La Cucina Napoletana (1963), libro imprescindibile della nostra scrittura gastronomica contemporanea e le “melanzane ripiene con olive e capperi” che Teresa Generino, solida food blogger presente in rete da decenni, ha pubblicato recentemente. Ho combinato queste due versioni, apportando poi modifiche qua e la.

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In onore della origini campane di questi modelli, ho utilizzato delle melanzane lunghe napoletane, ma qualunque melanzana puo’ovviamente andare bene (e infatti, quando sono a Londra, uso, non essendoci spesso alternative, le “buonissime” melanzane olandesi, da coltivazione idroponica – capisc’ a ‘mme’!). Ovviamente ora, a meta’ aprile, siamo ancora lontani dal periodo in cui questa verdura e’a suo meglio (l’estate piena), ma avevo a cena amici inglesi che provenivano da una lunghissima stagione di freddo e piogge britanniche, eccezionali anche per le latitudini loro (di fatto non hanno avuto una primavera, poveracci, quest’anno) e volevo regalare loro quantomeno l’illusione di un po’ di calore mediterraneo – melanzane quindi furono.

Ho cotto queste melanzane nella friggitrice ad aria (una Cosori a doppia resistenza, con un cestello che funge da pentola), il cui calore aggressivo e’ qui perfetto, asciugando per bene le melanzane (il ripieno rimane comunque morbido)

Per sei porzioni:
6 melanzane lunghe napoletane, 1 kg circa
100 g pane secco
1 uovo
50 g ricotta grattugiata, o pecorino o parmigiano
1 spicchio d’aglio, tritato
un pizzico di origano secco
3 cucchiai di prezzemolo tritato
2 cucchiaini di capperi, tritati
24 olive nere, snocciolate e tritate
Due lattine di pelati da 400 g
un paio di cucchiai di pecorino o parmigiano grattugiati, per lo spolvero finale
Olio, generosamente usato

Tagliare le melanzane per il lungo e asportarne la polpa per creare le classiche barchette, ovvero gli scarponi di cui parla Francesconi. Io ho usato un cucchiaino.
Spennellarle sia fuori sia dentro con dell’olio, salarle poco (il ripieno e’ già sapido) e arrostirle nella friggitrice ad aria (200 gradi, funzione roast) per una decina di minuti o fino a che tenerissime e dorate. Collocarle in una teglia e coprirle, per fare ammorbidire ulteriormente.
Arrostire la polpa, come sopra, ma senza usare olio; una volta fredda, tritarla con un coltello.
Da una delle due lattine, rimuovere meta dei pelati, frantumarli con le mani (sfrangnarli, in dialetto romanesco – che rende bene l’idea) e tenerli da parte. Coi pelati rimasti (una lattina e mezza) ci si fa un sugo, che servirà’, senza condimento alcuno e che io ho cotto nella friggitrice ad aria, sempre usando la funzione roast per circa quindici-venti minuti, mescolando ogni tanto e schiacciando i pelati col dorso di un cucchiaio.

Ammorbidire il pane in acqua fredda. Lo si deve potere sbriciolare ma non deve diventare troppo zuppo: e’ spesso, a seconda del pane, questione di pochi secondi. Strizzarlo, pressandolo fra le mani e collocarlo in una ciotola capace.
Aggiungere l’uovo, il formaggio, l’aglio, le erbe, i capperi, le olive, la polpa di melanzane, un giro di olio, un po’ di pepe e quei pelati sfragnati (meta lattina). Mescolare bene. Assaggiare e regolare di sale, eventualmente.

Riempire le melanzane, pressando leggermente per compattare.
Collocare un poco di sugo sul fondo della friggitrice, riempire con quante melanzane il cestello possa accomodare e nappare con il sugo di pomodoro. Zigzagare con olio. Arrostire (funzione roast, 200 gradi) per una decina di minuti.

Fare riposare per almeno una mezzora prima di mangiarle. Io le ho fatte con ore di anticipo ed erano ottime. Il giorno dopo, sono ancora migliori. Anche ottime in un panino.

NB: nella foto grande non si vede il sugo in cui avevano cotto le melanzane, perché’ le avevo rimosso su quella teglia da forno, per poter prelevare appunto il sugo dal fondo della friggitrice e riscaldarlo. Poi lo ho versato sulle melanzane stesse e infatti, come vedete, e’ abbondante: troppo direi. Non lo rifarei e servirei le melanzane con il loro fondo di cottura.



Written by stefano arturi

18/04/2024 at 22:33

Montebianco

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Questa e’ la (mia) versione, senza cioccolato, che ora al momento preferisco, perché’ si avverte più chiaramente il gusto della castagna e il risultato finale e’ piacevolmente più leggero.
Dolce importante, da tavolata numerosa (ma viene bene anche in quantità minori)

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Written by stefano arturi

15/11/2023 at 22:33

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Torta di castagne fresche

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1 Novembre 2023. Dal account IG aboutgarden (15 ottobre 2023)

Inusuale per uso castagne fresche bollite.
NON ha farina e rimane morbida, vagamente “moussosa”.
Sapore chiaro di castagne, la tentazione di associarci qualche cosa cioccolatosa e’ forte (magari spolverata di cacao amaro mischiato a zucchero?), ma forse questo sovrasterebbe il sapore di base.
Vedo che in rete e’ presente e che le ricette si assomigliano.
Le castagne si pelano meglio se lasciate in ammollo in acqua per alcune ore. Le ho cotte in pentola a pressione: 5 minuti HP (alta pressione) + NR (natural release, rilascio naturale), ma penso si potrebbe scendere a 4.
Meglio pelarle poco alla volta, ma quando sono ancora calde, usando un passa-verdura (o frullarle).

Tortiera a fondo mobile 20 cm, imburrata e rivestita di carta forno,
6-8 porzioni, rimane una torta piuttosto bassa.

300g netti castagne (gia’ pelate), bollite e passate
100g burro, morbido
un pizzico di sale
125g zucchero (ho usato un light brown sugar – funziona molto bene)
2 uova, separate

Scaldare il forno a 180 gradi.
Montare gli albumi a meringa, aggiungendo gradatamente 25g di zucchero verso la fine. Montare il burro, in una ciotola riscaldata.
Aggiungere il sale, lo zucchero rimasto e montare a crema. Deve diventare come maionese.
Aggiungere gradatamente i tuorl e poi il passato di castagne.
Mescolare e aggiungere qualche cucchiaiata di meringa per ammorbidire il composto, poi gradatamente il resto della meringa, senza far perdere volume.
Travasare nello stampo
Cuocere per circa 45 minuti, controllando dopo la prima mezz’ora.
Fare raffreddare e spolverare appena appena con zucchero a velo.

Written by stefano arturi

01/11/2023 at 22:33

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Bara brith, una torta gallese con frutta secca

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“Bara brith” sta, in gallese, per “pane picchiettato/punteggiato” e dalla foto si capisce il perché’: la torta è punteggiata da una notevole quantità di frutta secca. Nelle versioni più antiche, si usava di solito il lievito di birra e quindi il risultato finale era effettivamente un pane dolce con le uvette, ora esistono anche versioni “a torta”, col lievito per dolci e questa è la strada che ho scelto.
E’ una classica torta da tè, speziata e poco ricca di burro (o lardo) e uova.
In questi giorni fa un freddo becco qui a Londra e una fettina di questa bomba calorica e un tè fumante sono quasi obbligatori, al pomeriggio. Ho usato come punto di partenza una ricetta di Felicity Cloake, apportando poi modifiche a mio gusto.

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Written by stefano arturi

23/01/2023 at 22:33

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Torta di prugne del New York Times

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Questa e’ una delle ricette più famose e più richieste della sezione di cucina del New York Times. Risale al 1983 ed è della scrittrice di cucina Marian Burros. E’ una di quelle torte semplicissime che usa ingredienti che tutti di solito abbiamo in dispensa, eccezion fatta per la frutta

, che pero’ può’ essere sostituita a seconda della stagione: al posto delle prugne si possono usare albicocche, frutti di bosco, pesche, mele o pere. La tecnica e’ elementare e i passaggi pochissimi.
Si mantiene bene per un paio di giorni, ma si conserva egregiamente anche in freezer. Un dettaglio che me la rende ancora piu’ simpatica: non richiede di imburrare & infarinare lo stampo ne’ di rivestirlo con carta forno.

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Written by stefano arturi

22/08/2022 at 22:33

Torta di farro della Garfagnana

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Una torta salata che è una specialità della Garfagnana e della Lunigiana, quelle aree montagnose a cavallo fra Liguria, Toscana e Emila Romagna, tradizionalmente povere (da cui la cucina severa di queste parti), fittamente coperte da boschi di castagni (da cui moltissimi piatti a base del “pane dei poveri”), dove funghi e cinghiali ancora abbondano  e scorrazzano e dove il farro è da sempre coltivato ma che è diventato vero fiore all’occhiello della produzione locale non da moltissimo (nel 2010 è nato un consorzio per la difesa e la diffusione di questo cereale: farro della Garfagnana).In questi ultimi decenni, mi sembra, la minestra di farro è stata sdoganata dall’essere piatto prettamente locale e fa ormai parte di quel linguaggio gastronomico nazionale che si parla e si cucina  da Trento a Sassari: la si incontra sui menù dei ristoranti, sulle riviste di cucina e in rete; la torta di farro invece rimane una curiosità territoriale, ed è un peccato, perché è proprio buona e inusuale.

Un mezzogiorno di novembre di una giornata fredda, perlacea e pioggivinosa, entravamo, io, mia mamma, Paul e Lucia (il mio cane, che aveva già fiutato il posto a venti metri di distanza), intirizziti e con l’appetito che iniziava a brontolare, al Vecchio Mulino, una osteria di Castelnuovo di Garfagnana che avevo scovato in rete e che mi aveva incuriosito.

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Written by stefano arturi

25/01/2022 at 22:33

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Sardinas en Escabeche

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Bentrovati. In Italia ha fatto un caldo torrido (ma ormai da quanti anni è così?), qui nel Regno Unito, l’estate è stata grigia e piovosa: o meglio, abbiamo avuto un luglio caldo ma un agosto, qui a Londra, sottotono e bagnato. La memoria ricorda ovviamente solo le ultime settimane, quindi la sensazione collettiva è quella di essere stati fregati e di non aver goduto di una “vera” estate.
Questa estate dimezzata, o bifronte, mi ha permesso di cucinare polenta e funghi e meringata ai frutti di bosco, risotto allo zafferano e panzanella. Il tutto un po’ schizzoide, ammetto.

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Written by stefano arturi

30/08/2021 at 22:33

Posted in Varie & Eventuali, pesce

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Gelato al limone e panna, senza gelatiera

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Da bambino, nei primi anni Settanta, non amavo molto il gelato al limone, troppo asprigno per il mio palato. In quegli anni, mi sembra, quello che io chiamavo “gelato al limone” era di fatto, nella maggior parte dei casi, un sorbetto, ancorchè spesso molto cremoso: ci vollero decenni prima che iniziassi a vedere sui banconi delle gelateria il gusto “limon-panna”, un nome una garanzia.

Questo mio gelato senza gelatiera rimanda appunto al limon-panna: è molto ricco in quanto a base di latte condensato zuccherato e panna e non richiede la gelatiera. Questa volta il latte condensato l’ho fatto io, ma nel passato ho sempre usato quello in lattina e con ottimi risultati. 

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Written by stefano arturi

13/05/2021 at 22:33

Posted in dolci, frutta

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Jaune mange, un giallomangiare al limone, inglese-siculo

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Il jaune mange è un vetusto dolce al cucchiaio inglese, a metà strada fra una gelatina e una crema al limone, a base di tuorli, uno sciroppo di succo di limone, acqua e zucchero, qualche cucchiaio di vino liquoroso e gelatina. È leggero ma cremoso, amabilmente asprigno. Le prime notizie risalgono al Settecento, fu ancora popolarissimo per tutto l’Ottocento, inizia a essere perso di vista agli inizi del Novecento e oggi scomparso. Peccato, perché è ottimo.

Qualche settimana ho assaggiato un biancomangiare siciliano al limone, ovviamente addensato con amido – molto buono, ma meno ricco di tuorli dell’inglese jaune mange. L’amido rende il biancomangiare vellutato al palato, consistenza che preferisco ora alla scivolosità conferita dalla gelatina.

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Written by stefano arturi

08/04/2021 at 22:33

Posted in dolci

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Pasta col cavolfiore

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Il calendario dice che è primavera. Abbiamo anche spostato le lancette un’ora avanti, le giornate sono innegabilmente più lunghe e luminose e, con un po’ di fortuna, il sole si è fatto più insistente e costante – senza esagerare, mi raccomando, siamo pur sempre nel Regno Unito.

Eppure, visitando un mercato londinese a fine marzo, ancora non si respira quel profumo di primavera da cui tanto fortemente si vorrebbe essere accarezzati. Non c’è trippa per gatti: è ancora presto per asparagi, piselli, barba di frate, fave e carciofi e in generale per i nuovi raccolti primaverili. Ancora è un tripudio di patate, cavoli, pastinache, carote, sedani rapa, biete e cavolfiori e ancora lo saranno per settimane. Allegria! Non a caso, questo periodo è chiamato the hungry gap, ovvero il periodo affamato: tutti, la terra e le persone, hanno fame di prodotti nuovi, ma non ci sono ancora e bisogna pazientare.

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Written by stefano arturi

30/03/2021 at 22:33

Posted in Varie & Eventuali, pasta, verdure

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